Pensaci in tempo: a casa, al lavoro

Pietro Jarre
4 min readMar 2, 2021

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Con la sentenza che dà torto a Apple — Milano 9 febbraio 2021 — è sorto anche in Italia un vivace dibattito intorno al tema dell’eredità digitale. La soluzione tecnico legale proposta dalla piattaforma ideata dal mio team — eLegacy (www.elegacy.app) — è stata citata da molti perché offre una soluzione tecnica e legale per gestire account online, memorie, documenti, device e altro ancora senza dare i nostri dati a terzi.

Segnalo in proposito l’articolo recente di Claudia Morelli https://www.altalex.com/documents/news/2021/03/01/bitcoin-eredita-difficile che spiega i vari aspetti generali, focalizzandosi sulla eredità dei Bitcoin. Il succo è: se non ci pensi tu in vita, la tua ricchezza potrebbe finire dispersa, perché in molti casi (non tutti) la perdita della password equivale alla perdita della criptovaluta. In qualche modo, la cosa vale per tutta l’eredità digitale: se ci pensi in tempo, la gestisci tu, e non la disperdi. Altrimenti possono essere dolori, e non solo economici.

Il problema era già serio per conti correnti con titolare defunto e non reclamati, e polizze vita di persone che oggi avrebbero 120 anni… per un ammontare in Italia di miliardi di euro. Il problema cresce con le cifre accreditate in anticipo sui sistemi di pagamento, e diventa esplosivo per le criptovalute. Ne hanno parlato c il Notaio Morone e l’Avvocato D’Arminio Monforte alla trasmissione in streaming https://www.rinascitadigitale.it/pf/eredita-digitale-a-chi-lasceresti-le-tue-chat/ di venerdì 26 febbraio.

Che fare? In ogni caso, è una buona cosa lasciare scritto, possibilmente in modo legalmente valido, che cosa si vuole che succeda dei nostri beni digitali (attenzione, NON le password!, vedi sotto).

Come sapere quali sono i nostri beni digitali? Possiamo provare a ricordarceli a memoria, usare la cronologia del browser, e scriverli su un foglio, ma tra 2 o 3 anni quel foglio non varrà nulla: quasi tutta la nostra digital footprint sarà cambiata. Minimo, infatti, ci iscriviamo a un nuovo servizio ogni settimana. E minimo, dimentichiamo di dis — iscriverci dal 99% di quelli cui siamo iscritti e non usiamo mai. Meglio allora ricorrere a uno strumento di creazione automatica o assistita dell’elenco, ne esistono.

Cosa non fare? Seppure molti lo dicano — anche cosiddetti “esperti”, non scrivere mai le proprie password su un pezzo di carta. Primo ve le potrebbero rubare, o meglio: ve le ruberanno; secondo, non è lecito passare la propria password a qualcun altro. Quando firmiamo il contratto con un provider di servizi ci impegniamo a non cedere la password ad altri. Se lasciamo la nostra password ad altri, e grazie a quella un terzo compie un reato, cancella cose preziose per altri, ricatta un quarto, come la mettiamo? È vero che potremmo già essere morti, ma resta il fatto chi usa la nostra password, magari a fin di bene, compie un illecito, anche se è un nostro erede, in certi casi.

Nel campo dell’illecito “non percepito come tale” ricordo che non possiamo usare account e device aziendali per iscriverci a servizi di nostro uso privato. Non è bene e per molte ragioni, per noi e per l’azienda. Quando andremo in pensione o cambieremo lavoro (capita) avremo una fase di “transizione digitale” che può essere un lavoro complesso anche se avremo una “semplice eredità da noi a noi stessi”. Meglio prevenire, tenere in ordine, fare decluttering, riprenderci il possesso dei dati di cui spesso abbiamo solo la nuda proprietà. Ne sanno qualcosa i dipendenti di aziende che hanno cambiato dominio, o sono loro stessi andati in pensione.

E allora cosa fare? Bisogna delegare qualcuno a rappresentarci in caso di incapacità di intendere e volere e di morte. Si può fare, e la legge italiana (Dlgs 110/2018) lo prevede, con un mandato post mortem exequendum, noi mandanti diamo specifiche istruzioni a un mandatario di compiere azioni in nostra vece. Non è difficile, è una delega, si può firmare online, e con eLegacy si può accoppiare a un inventario aggiornato dei nostri beni, che la piattaforma ti aiuta ad aggiornare automaticamente.

Lo spieghiamo in un recente articolo https://www.apostolatodigitale.it/commenti/eredita-digitale-istruzioni-per-luso/. E’ facile, se l’inventario è predisposto bene, lasciare indicazioni circa 3 categorie di beni:

· Cosa vogliamo che sia da eLegacy cancellato (oblio): i miei accessi a giochi online, per esempio, o i miei diari personali e segreti, lettere ricevute destinate solo a me. Il lavoro del segretario che mantiene i segreti.

· Cosa vogliamo sia consegnato a amici e colleghi (eredità culturale). Pensiamo alle nostre esperienze di lavoro o di volontariato, alle lezioni da condividere con i più giovani. Il lavoro dell’assistente che esegue le nostre volontà.

· Cosa vogliamo sia consegnato agli eredi per facilitare loro la presa di possesso di ciò che sarà di loro proprietà: i documenti tenuti a casa della zia, la copia del romanzo che abbiamo appena finito di scrivere, la password per certi conti online. Il lavoro del diligente amministratore.

Quindi in breve: decidiamo noi, se non vogliamo essere decisi da altri, e facciamolo per tempo, con strumenti automatici che ci aggiornino e supportino come affidabili aiutanti fedeli che non vendono i nostri dati ad altri.

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